Nostalgie e disagi si traducono, in Melandri, in piccole opere della memoria dedicate al paese natale. La figurazione è portata ad estremi limiti dimensionali tra consapevole naïveté, frammentazioni e disarticolazioni irriducibili ad ogni convenzionale possibilità di sintesi.
Nel panorama della ceramica italiana del Novecento, Pietro Melandri occupa un ruolo di assoluto rilievo sia per inesauribile vena creativa sia per rara padronanza di un mezzo espressivo assurto, con lui, ai più alti vertici tecnici e artistici.
I banali soggetti delle tre opere di Merendi corrispondono ai titoli in modo asciutto e inequivocabile: Casa, Fosso d’acqua e Casa verde. Aspetti di una realtà non certo fastosa diventano miracolosamente schegge di impeccabile formalismo, quasi di astrazione, all’interno di racconti figurativi tanto benevolenti e generosi quanto febbrili e pronti a sospettare misteri e segreti sotto la superficie.
Minardi, con le sue opere, afferma una idea di architettura contrassegnata da un consapevole riavvicinamento ad elementi fondativi del costruire desunti dal luogo, dalla natura e più in generale dall'architettura senza architetti. Infatti, si è spesso ispirato anche alle forme semplici del paesaggio industriale ravennate da cui ha estratto alcuni riferimenti essenziali, divenuti poi la base della sua originale produzione architettonica.
In A bassa voce e in L’uditore, Mingotti mette in scena due atti dedicati all’ascolto e all’udito: una sfida per la scultura. In A bassa voce l’effetto di spiazzamento è incrementato dalla presenza di una figura simbolica in scala ridotta che rende surrealista questa conversation piece. In L’uditore, il gesto banale e la sintetica ma più realistica resa del soggetto concorrono a una visione metafisica del quotidiano. Il colore rosso che avvolge le due plastiche rende le figure innaturali e distanti, senza tempo né luogo precisi.
Nei lavori migliori Minguzzi dimostra di sapersi confrontare con parte della grande tradizione figurativa ottocentesca (in specie di ambito preraffaellita, tra le velature e le nitidezze al microscopio di John Everett Millais o di William Henry Hunt, ma anche con qualche debito nei confronti di Caspar David Friedrich) offrendo di una realtà sublime (le alte vette, le catene montuose o brani di natura sfuggiti al disastro contemporaneo) una immagine comunque enigmatica, febbrile e pervasa da sensi di inquietudine come nel David Lynch di “A straight story”.
Nel 2002, Monari fonda, con altri artisti, l'Associazione Culturale Cetra, nel suo casolare a Castel Bolognese, apre uno spazio espositivo e crea il Parco della scultura. Esponente di spicco del gruppo Ipermanierismo di Italo Tomassoni, Monari ha esposto le sue opere in oltre ottanta mostre, personali e collettive, in gallerie e musei italiani ed esteri.
Raffaele Mondini si diploma presso l'Istituto Statale d'Arte per la Ceramica di Faenza nel 1951 e qui fa conoscenza con Angelo Biancini con il quale, negli anni, instaurerà rapporti di stretta collaborazione. Poi, si iscrive all'Accademia di Belle Arti di Bologna dove si laurea nel 1951 con lo scultore di origine faentina Ercole Drei. Nonostante la giovane età partecipa attivamente alla Resistenza e questa esperienza rimarrà fondamentale sia per la sua formazione sia per i futuri impegni di carattere sociale e politico...
Diplomatasi al Magistero Artistico dell'Istituto d'Arte per la Ceramica di Faenza, dove è stata allieva di Angelo Biancini, Carlo Zauli, Alfonso Leoni e Alfonso Piancastelli, Mirna Montanari ha poi svolto una attività di designer presso una industria ceramica dell'imolese.
In Bimba seduta sulla poltrona, Montevecchi annota un momento di vita infantile con la stessa partecipazione con la quale aveva ritratto la compagna Bitta e il figlio Eros nei momenti felici di tanti anni prima. Toni mossi ed evanescenti e colori non accesi danno alla composizione un senso di lieve tristezza che corrisponde al momentaneo stato d’animo del soggetto ritratto.