Notevolmente ingrandita, meticolosamente riprodotta fin nei più intimi dettagli e quasi incollata su una tela grezza come un objet trouvè, una semplice foto di famiglia diventa, nella sua trasposizione pittorica, occasione per un dolcemente malinconico viaggio alla ricerca di attimi di un tempo perduto.
I tre grandi quadri Il ritorno dalla pesca, La pineta e Due magnifici spari, realizzati in successione tra il 1932 e il 1939, sono tra le migliori espressioni pittoriche di Malmerendi: fastose per sapienza pittorica e aderenti al reale in modo quasi oggettivo. Come su gigantesche lastre fotografiche Malmerendi fissa, con un unico scatto e con tempi di preparazione e di posa degni di un set cinematografico, visioni accuratamente composte e meticolosamente indagate fino al più piccolo dettaglio.
Simbolo di fatale attrazione e di perversione intellettuale la Medusa è il soggetto di ben tre delle opere di Angela Maltoni in mostra. Con la tecnica più perfetta, l’artista giunge a realistiche raffigurazioni di nightmares in cui viene affermata la centralità del corpo e della figura umana che, in un complesso rapporto con il sesso, si conforma e si deforma quasi fosse specchio dei meandri della mente ed espressione di un cupo tormento.
Tra concettualità, informale e figurazione, Maltoni indirizza le sue attenzioni a un mondo naturale che indaga con intensa partecipazione tentando di preservarne un afflato vitale ormai vittima della modernità.
In Ritratto di giovinetta l’artista imposta la composizione in maniera quasi classica tra oggetti d’affezione e simbolici. Moderna è la sensazione di una quasi metafisica sospensione temporale.
Oltre ad essere pittore, Gian Ruggero Manzoni è anche teorico e critico d'arte, poeta e narratore.
Ha al suo attivo oltre cinquanta pubblicazioni, tra cui molti libri d'arte, e ottanta mostre pittoriche tenute in ambito nazionale e internazionale.
In Povero fiore, probabile opera degli anni Dieci per le sue tangenze con un clima di ascendenza largamente preraffaellita che l’artista declinò anche in prove incisorie, il fotografico verismo del volto si sfuma in una atmosfera onirica che prelude ad esiti del ritorno alla pittura degli anni Ottanta.
In Limoni del 1936, la fatica del vivere – che Margotti ha declinato in una serie innumerevole di opere dedicate a contadini e ad operai senza volto e quasi composti con la stessa materia dei campi e degli edifici circostanti – non appare ancora opprimente. A dominare è, invece, una fibrillazione formale e coloristica, memore di certe frange della scuola romana, che tradisce un atteggiamento antinovecentista e nervoso che scomparirà nelle sue opere successive.
Cifra peculiare della pittura di Masini è una dimensione visionaria alla quale partecipano di volta in volta figurazione e astrazione. Le sue figure sono tormentate mutazioni o metamorfosi di esseri (spesso simbolici guerrieri) tra l'umano e il ferino a simbolo di una tragica condizione non solo contemporanea mentre nelle sue monocrome diluizioni della materia appare, caduti precisi riferimenti a una realtà se pur di origine metafisica o surrealista, una maggiore attenzione a forze primigenie dalla incommensurabile forza e potenza.
Ritratto della Domenichina appartiene alla produzione giovanile di Matteucci. Poco più che ventenne, l’artista si allontana con decisione dalle tendenze novecentiste in atto per privilegiare una sentita partecipazione al soggetto ritratto del quale viene colto un momento riflessivo e introspettivo. Sul nero dell’abito (come in un antico dipinto) le mani si stagliano e assumono pose simboliche e allusive.