Cesena, 1941
Guido Guidi si iscrive, nel 1959, allo IUAV di Venezia e successivamente al Corso Superiore di Disegno Industriale seguendo i corsi di Bruno Zevi, Carlo Scarpa, Italo Zannier e Luigi Veronesi in un clima che vede presenti anche Giancarlo De Carlo, Luigi Veronesi e Ignazio Gardella. Il Neorealismo ma anche l’Arte Concettuale esercitano profonde influenze su di lui. Con una macchina fotografica a grande formato inizia, in modo inedito, a documentare spazi marginali del paesaggio italiano. Questa sua attenzione rimarrà cifra del suo lavoro fino alla creazione, tramite l’insegnamento, di una vera e propria scuola i cui esponenti sono oggi tra i più significativi protagonisti della nuova fotografia italiana. Dal 1989 è, infatti, docente di fotografia all’Accademia di Belle Arti di Ravenna e dal 2001 presso lo IUAV di Venezia e molte sono le occasioni da lui create per collaborazioni o progetti comuni. A partire dai primi anni Ottanta viene chiamato a partecipare a progetti di ricerca sulla trasformazione della città e del territorio in epoca contemporanea. Tra questi lavori si citano quelli per l’Archivio dello Spazio della Provincia di Milano nel 1991, le indagini sull’edilizia pubblica dell’INA-Casa (1999), e quelle per “Atlante Italiano 003” (a cura della Direzione Generale per l’Architettura e l’Arte Contemporanea – DARC) del 2003. Negli anni Novanta è ideatore, assieme a P.Costantini e W.Guerrieri, di Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea di Rubiera. Tra il 1993 e il 1996 documenta la nuova urbanizzazione sviluppatasi a seguito della caduta del muro di Berlino lungo il tracciato dell’antico asse viario che dalla la Russia conduceva a Santiago di Compostela. Questa ricerca viene pubblicata nel 2003 con il titolo In Between Cities. Altro suo oggetto di indagine sono le opere di Maestri del Movimento Moderno come Carlo Scarpa, Ludwig Mies van der Rohe e Le Corbusier dei quali documenta le opere per conto del Canadian Center of Architecture di Montréal.
Tra le sue numerose occasioni espositive si ricordano quelle al Fotomuseuma di Winterthur, alla Biennale d’Arte e di Architettura di Venezia, al Canadian Center for Architecture di Montréal, al Guggenheim e al Whitney Museum di New York e al Centre Georges Pompidou di Parigi.
Dalla letteratura critica: “Guido Guidi è un fotografo anomalo. Non si nutre di sola fotografia ma ha una necessità interiore di coinvolgere nelle sue riflessioni tutte le arti visive: dalla pittura italiana del tre-quattrocento (con l’amato Piero della Francesca) all’espressionismo, dall’arte concettuale alla fotografia americana (Walker Evans, Robert Adams, Lee friedlander, Stephen Shore, John Gossage). Analizza i più piccoli dettagli, dalla sequenza alla composizione di ogni singola opera comprendendone la poetica. La giovanile passione per il cinema vede impegnato Guidi nello studio dei film di Michelangelo Antonioni per le rigorose sequenze del montaggio, i colori tenui e la lentezza nel narrare storie”. Inoltre, a proposito del suo lavoro sulla tomba Brion di Carlo Scarpa a San Vito di Altivole: ” L’insistenza nel guardare la lenta erosione giornaliera della luce sul cemento dei muri, i riflessi nel giardino di ninfee, luogo del trapasso, sono frammenti fissati con precisione nelle lastre della macchina a banco ottico 20×25 che Guidi usa in omaggio ai pionieri della fotografia, stampate a contatto. Il modo di operare dell’autore romagnolo non si esaurisce con le sole fotografie ma implica una riflessione nella scelta della sequenza, frutto di una lunga sedimentazione temporale”(E.Piccardo). Fotografo di riferimento in ambito internazionale, Guido Guidi ha magistralmente riportato sulla lastra fotografica soggetti normalmente trascurati, facendone occasione di una inedita riflessione sul vero, come esempi ormai canonici della modernità progettuale, cogliendoli in momentanei e particolari assetti visivi che esuberano dalla tradizionale categoria del reportage documentaristico. In ambedue i casi, sembra essere la contemporanea presenza di molteplici attenzioni e informazioni il collante di una presa di visione tanto lenta, sottile e minimale quanto capace di indurre un ampliamento della mente che ricorda quanto ha scritto il poeta William Blake: “Se le porte della percezione fossero allargate, ogni cosa apparirebbe quale essa è, dunque infinita”.
(F.B.)
Bibliografia essenziale
Varianti & Art, Udine 1995
ss9, a cura dello IUAV e di linea di Confine, Rubiera 2000
In Between Cities, Linea di Confine, Rubiera 2003
A New Map of Italy,Washington 2011
Carlo Scarpa’s Tomba Brion, Hatje Kantz, Ostfildern 2011
Veramente, Mack, London 2013
Guardando a Est, Linea di Confine, Rubiera 2015
Fondi
Opere: Studio dell’artista, Cesena
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