Faenza, 1975
Dopo avere frequentato l’Istituto d’Arte per la Ceramica di Faenza, Andrea Salvatori si è iscritto all’Accademia di Belle Arti di Bologna dove si è diplomato in scultura nel 1999.
Dal 1997 ha partecipato a numerose esposizioni sia personali sia collettive; nel 2007 è secondo classificato alla 55° edizione del Premio Faenza e nel successiva edizione vince il Primo Premio. Nel 2010 è secondo classificato al Sidney Myer Fund Australian Ceramic Award International (Shepparton Art Museum di Sidney). Tra le mostre personali si segnalano Five Solo Exhibitions, Venezia 2009; Magnitudo, Lissone 2013; Allievo e Maestri, Bologna 2015; Gli specchi dovrebbero pensare più a lungo prima di riflettere, Bologna 2016.
Artista con la ceramica, Salvatori ha accumulato nel suo studio di Solarolo, un capannone industriale nella campagna romagnola, insegne pubblicitarie, statuette da mercatino (nonnine, damigelle, gattini, bimbi innamorati, animaletti in pose affettuose, cagnolini, cammelli, danzatrici da carillon), cartelloni pubblicitari e tanto altro: un universo di memorie gettate e neglette che liberate dai loro ruoli originari vengono assemblate con pezzi di nuova creazione e ricomposte in una sorta di conversation pieces ironici e anche caustici. Un mondo dimenticato e al quale erano stati affidati messaggi consolatori svela, così, un’altra faccia, un volto nascosto.
Da questo mix escono fiabe moderne e disincantate che negli ultimi lavori hanno saputo coniugare un più preciso dominio di tecniche difficili con una originale capacità di sintesi comunicativa. Con Waiting On The Moon del 2009, Salvatori ha vinto il Premio Faenza. Un doppio esercizio (tematico e tecnico), come la grande stella che colpisce una damigella ad un occhio presentata sempre a Faenza due anni prima, che ha saputo unire la sorpresa iconografica con quella indotta dalla bravura esecutiva. Con The Blob del 2006, una grande goccia di oleoso catrame in ceramica dalla quale tenta di uscire una figurina della quale si scorgono solo le mani; con Senza titolo del 2010, una massa rocciosa sostenuta da una bimba; con No title sempre del 2010, un cane composto da centinaia di cubetti bianchi, e soprattutto con la serie delle montagne di memoria buzzatiana, Salvatori sta percorrendo una nuova via: meno discorsiva e più sintetica pur all’interno del suo caratteristico sincretismo in cui cultura “alta” e “bassa” si confondono senza soluzione di continuità.
(FB)
Bibliografia essenziale
Andrea Salvatori, la rivolta dei bibelots, , a cura di Franco Bertoni, in La Ceramica in Italia e nel mondo, n. 17,2013
Opere: studio dell’artista, Solarolo
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