Cesena, 1928 – Bologna, 2012
Principe dei pittori italiani del “realismo esistenziale”, Alberto Sughi ha dedicato tutta la sua opera ai temi della solitudine umana: della incomunicabilità, della impossibilità di un dialogo, dell’alienazione, e in fondo, di una difficoltà di vivere. Temi che con lui esuberano da precise condizioni sociali, politiche e civili per andare a costituirsi come un male interiore di tutti i tempi e di tutte le stagioni dell’uomo. Autodidatta, Sughi si trasferisce per un anno a Torino nel 1946, poi apre a Cesena uno studio in comune con Giovanni Cappelli e Luciano Caldari e dal 1948 al 1951 vive a Roma, dove conosce Marcello Muccini e Renzo Vespignani che fanno parte del Gruppo di Portonaccio. Vicino al Partito Comunista Italiano, Sughi non accetta comunque di sottostare alle precise indicazioni del partito in campo artistico – soprattutto dopo la scissione tra astrattisti e realisti indotta dall’intervento di Palmiro Togliatti – e si dedica a una personale ricerca figurale dedicata al malessere interno dell’uomo e della società. Le periferie delle grandi città – che dovrebbero essere elemento di socializzazione e risultano invece luoghi di solitudine individuale – e figure umane solitarie e senza meta sono i suoi soggetti preferiti. Nel 1956 tiene la sua prima mostra personale a Roma. Cronaca sociale e malinconia esistenziale sono i soggetti anche delle opere che espone nel 1958 a Milano e nuovamente a Roma. I suoi quadri si fanno sempre più cupi e il racconto acquista toni gelidi e aspri. Agli inizi degli anni Sessanta l’opera di Sughi registra significative influenze da parte di Francis Bacon, sia nelle deformazioni fisiche dei soggetti ritratti sia nelle ambientazioni spaziali. Il suo lavoro procede per cicli entro i quali intraprende e conclude temi iconografici specifici e mutazioni stilistiche. Del 1971-1973 sono le cosiddette “pitture verdi” dedicate al rapporto uomo-natura; del 1975-1976 è il ciclo “La cena”; dell’inizio degli anni Ottanta è la serie “Immaginazione e memoria della famiglia”; dal 1985 lavora al tema denominato “La sera”: una amara riflessione dell’artista sul proprio ruolo e sul valore della stessa esistenza in una società in cui le risposte alle eterne paure e aspettative dell’uomo vengono cercate unicamente nel denaro, nella politica e nella scienza. Al tema della marginalità dell’arte sono dedicate le sue ultime opere. Tra le numerose mostre personali di Sughi si segnalano: Reggia di Caserta (1984); mostra antologica al Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo (Roma 1986) poi trasferita a Budapest e a Praga; Ferrara (1989); San Paolo del Brasile (1994); Urbino (2000); Firenze, Sansepolcro e Cesena (2003); Ravenna (2004); Parma (2005); Cesena (2007); Roma, Complesso del Vittoriano, (2007). I maggiori storici e critici dell’arte, da Mario De Micheli ed Enrico Crispolti fino a Maurizio Calvesi e Vittorio Sgarbi, si sono interessati del suo lavoro.
(FB)
Bibliografia essenziale
V. Sgarbi, Alberto Sughi
catalogo della mostra alla Biblioteca Malatestiana di Cesena
Milano 2007
M. Calvesi, Alberto Sughi
catalogo della mostra a Palermo e Londra
Milano 2009
Fondi
Archivio Sughi, Forlì
News
I toni delle opere di Sughi dei primi anni Sessanta sono cupi, siano esse paesaggi o figure umane. L’arte di Sughi, realista e ancora indenne dalle esacerbazioni baconiane, coglie malessere e inquietudine anche nei soggetti più comuni e in atti quotidiani.