Santarcangelo, 1906 – Ravenna, 1986
Figura di outsider nel mondo dell’arte, Antonio Nadiani è stato anche eccentrico nella vita. Nato da ricca e nobile famiglia, Nadiani entra ben presto in conflitto con i genitori quando, all’età di diciotto anni, sposa la sua istitutrice. Cacciato di casa, si trasferisce in Austria dove si laurea in lettere. Si trasferisce poi a Oslo dove, per vivere, insegna italiano all’Università ma dove anche dipinge, tiene mostre, collabora con riviste locali (è critico d’arte del “Morgenbladet”) e internazionali. Infine risiede per otto anni a Stoccarda, collaborando con “Der Spiegel”, riviste d’arte e altre testate. Nel 1930 tiene una mostra personale a Bologna, alla “Casa dell’Arte” di Rezio Buscaroli, cui seguono esposizioni a Stoccarda (1933), Oslo (1949 e 1954) e Copenaghen (1956 e 1959). Nel 1958 e nel 1960 espone alla Galleria Schneider di Roma. Tornato in possesso dell’eredità di famiglia nel 1939, Nadiani vende a poco a poco l’imponente capitale ricevuto permettendosi, così facendo, una vita libera, agiata e gaudente. Gli anni Trenta e Quaranta sono produttivamente felici. La sua figurazione – tra pittura, disegno e incisione – è asciutta, emozionalmente fredda e per nulla concessiva a intellettualismi o ideologismi. Nel dopoguerra i suoi molteplici interessi si dilatano nei campi della scrittura, della cibernetica, delle proporzioni, della letteratura, e delle traduzioni. La sua arte risente di questa dispersione intellettuale (nel 1962 edita il primo volume dell’autobiografia dal titolo “Memorie di un inetto”) mantenendo un centro negli interessi per l’erotismo che trova il suo culmine insuperato nella pubblicazione della cartella Antonio Nadiani. Erotica del 1957.
(F.B.)
Bibliografia essenziale
Antonio Nadiani. Retrospettiva 1926 – 1986
a cura di R. Biagetti,
Ravenna 1996
Fondi
Collezione R. Biagetti, Ravenna
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Senza inquadrare il cielo, cui alludono solamente alcuni lacerti di azzurro riflessi nell’acqua del lago, Nadiani, in Bagnanti su una roccia e in Bagnanti in riva al lago, sembra quasi volere annullare la sottile vibrazione erotica provocata dall’esibizione dei corpi nudi inglobandola in un ambiente naturale claustrofobico e oppressivo.