Inaugurazione giovedì 7 dicembre 2017
Magazzeno Art Gallery Ravenna
Via Magazzini Posteriori 37
7 dicembre 2017 – 24 febbraio 2018
Da sempre il pane nutre gli uomini di ogni etnia, di ogni età e di ogni religione.
È il cibo della fratellanza e della condivisione per eccellenza, ma ha anche spinto alla ribellione come nella celebre “Rivolta del pane”, raccontata dal Manzoni nei Promessi sposi o nella “Rivoluzione delle baguette” della primavera araba in Tunisia.
Pablo Neruda gli dedica un’ode; Fabrizio de André accresce il concetto secondo il quale rubare il pane non è un delitto; Pasolini in una lettera a Calvino rimpiange “l’età del pane” del mondo contadino; Massimo Bottura intitola il suo ultimo libro “Pane è oro”; “Pane quotidiano” è l’opera realizzata dall’artista Liliana Moro, immagine guida della Tredicesima Giornata del Contemporaneo proprio di questo 2017.
Noto fin dal neolitico, il “Corpo di Cristo”, la base su cui si fonda la nostra ars culinaria; l’acqua, la farina, il grano, prezioso come l’oro, anch’esso usato fin dall’antichità, il metallo nobile, tenero e pesante allo stesso tempo.
Tenero e pesante allo stesso tempo. Ricchezza e povertà. Semplice ma complesso. L’opera di Lucca è fondata su questi dualismi, i quali non sono altro che le contraddizioni su cui si fondano le nostre esistenze.
Scultore ormai da tempo, Matteo Lucca si forma all’Accademia di Bologna insieme a Nicola Samorì e altri nomi importanti della scena artistica italiana. La sua ricerca appare fin dalle prime opere incentrata sul corpo e sul viso umani, passando per vari materiali come piombo, rame e tessuti e solo in ultimo approdando al pane.
I primi “Uomini di pane” sono stati esposti nel 2016 nell’altopiano di San Paolo in Alpe nel Parco delle Foreste Casentinesi, nel comune di Santa Sofia. Ed è proprio nella natura che le opere raggiungono la loro massima espressione e si liberano di quella umanità per mischiarsi alla terra e al cielo.
Inediti per Gold Wears Down sono invece gli “Uomini di pane e di oro”, creati appositamente per questa mostra, ed emblema della stessa. L’artista ha scelto di dorare le parti che sono state mangiate dagli asini durante una performance avvenuta la scorsa estate e il punto esatto dove un topolino aveva scavato la sua tana. Impreziosire i luoghi dove un animale incontra, nel modo più naturale possibile, l’opera d’arte è un’azione totalmente inedita e carica di un significato nel quale risiede tutta la forza della vita. E anche l’oro come la carne (e l’anima) si consuma e si sfregia, ma difficilmente si spezza.
Nell’istallazione pensata per lo spazio di Magazzeno Art Gallery, abbiamo voluto che lo spettatore avesse la possibilità di camminare in mezzo e molto vicino le sculture, in modo da poterle osservare nei più piccoli particolari per scorgere tutte le imperfezioni, le bruciature, le crepe della pasta di pane. Le statue vengono cotte in un forno che l’artista ha costruito appositamente per questo progetto, in degli stampi modellati dalle sue stesse mani, rendendo questo lavoro totalmente autentico e completo nel suo processo di costruzione. Un lavoro pensato nei più piccoli dettagli che sprigiona tutta la forza e la fragilità del corpo umano, declinando tutte le ferite e le cicatrici in un lirismo potentissimo. Il pane diventa l’elemento riconoscibile, familiare, l’unico elemento rassicurante in una situazione che può essere percepita come straniante, inquietante. Ritrovarsi in mezzo a questi uomini, fatti a somiglianza dell’artista, tutti uguali e tutti diversi, è come essere catapultati dentro ad un rito tribale con al centro il corpo umano:
“Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.*
E come un profeta l’artista ci dà in pasto la sua carne, si mette a nudo di fronte a noi, come l’arte sempre dovrebbe fare, e ci invita a partecipare a questa vita, fatta di vuoti e di pieni, di chiari e di scuri, di pane e di oro.
Di Alessandra Carini